Basta lagne sulla penale. Non siamo stupidi! Seconda Parte

Nella convenzione stipulata nel maggio 2011 tra Comune di reggio Emilia (stazione appaltante) e Reggio Emilia Parcheggi Spa (concessionario) è stata inserita la “clausola” prevista dalla ex legge Merloni:

Sia in caso di risoluzione della convenzione che in caso di revoca della concessione per motivi di pubblico interesse sono rimborsati al Concessionario ex art. 37 septies, comma 1 lett. a), b) e c), della L. 109/1997 s.m.i.:

il valore delle opere realizzate più gli oneri accessori, al netto degli ammortamenti, ovvero, nel caso in cui l’opera non abbia ancora superato la fase di collaudo, i costi effettivamente sostenuti dal concessionario;

le penali e gli altri costi sostenuti o da sostenere in conseguenza della risoluzione;

un indennizzo, a titolo di risarcimento del mancato guadagno, pari al 10% (dieci per cento) del valore delle opere ancora da eseguire ovvero della parte del servizio ancora da gestire, valutato sulla base del piano economico-finanziario in base alla sommatoria dei margini operativi lordi attualizzata al tasso di sconto pari al tasso medio ponderato del debito risultante dal piano economico-finanziario.

Le somme di cui al precedente comma 23.3 sono destinate prioritariamente al soddisfacimento dei crediti dei finanziatori del Concessionario e sono indisponibili da parte di quest’ultimo fino a completo soddisfacimento di detti crediti.

L’efficacia della revoca della concessione e’ sottoposta alla condizione del pagamento da parte del concedente di tutte le somme previste dai commi precedenti”.

Il citato articolo della ex legge Merloni introduce alcuni elementi che vanno intesi come segue.

La revoca è un provvedimento di autotutela attraverso cui le pubbliche amministrazioni possono riesaminare i propri precedenti provvedimenti (o i provvedimenti dei subordinati gerarchicamente) quando ritengono che tali provvedimenti presentino vizi di legittimità o vizi di merito o in base ad una nuova valutazione dell’interesse pubblico.

La revoca attualmente trova la propria principale disciplina nell’art. 21 quinquies della legge 241/1990 (come modificato per effetto dell’art. 14 della L. 15 del 2005): “Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario, il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato da parte dell’organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. La revoca determina la inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti ”.

La revoca può essere legittima o illegittima. Perché la revoca sia legittima deve essere motivata, deve ottemperare all’obbligo di comunicazione, deve rispondere al presupposto dell’esistenza di ragioni di pubblico interesse e deve conformarsi ai principi del buon andamento dell’azione amministrativa (legalità, economicità, razionalità, imparzialità, trasparenza, efficacia e efficienza).

Oltre alla revoca la pubblica amministrazione può esercitare il proprio diritto di autotutela anche attraverso l’annullamento, ovvero quel provvedimento amministrativo che, ben motivato e rispondente a ragioni di interesse pubblico, rende nulli gli effetti di un precedente atto viziato da illegittimità (art. 21-nonies della legge 241/1990 ).

Il valore delle opere già realizzate e/o i costi effettivamente sostenuti dal concessionario rappresentano il cosiddetto “danno emergente”, cioè quello quantificato, e debitamente documentato, sulla base tutte le spese inerenti l’opera già sostenute.

D’altra parte, l’indennizzo a titolo di risarcimento del mancato guadagno rappresenta il cosiddetto “lucro cessante”, cioè in riferimento alla “ricchezza” che il concessionario non ha conseguito in seguito al mancato utilizzo della concessione stipulata con il concedente. Trattandosi di evento futuro e solo prevedibile, per ottenere il risarcimento sarà necessaria una ragionevole e documentata certezza circa il suo accadimento.

Diverse sentenze della giurisprudenza amministrativa (TAR, Consiglio di Stato etc.) hanno ribadito che che l’Amministrazione pubblica conserva pienamente, anche in presenza di un atto di aggiudicazione definitiva, i poteri di autotutela (di annullamento e di revoca) che le spettano in via generale per tutti gli atti amministrativi, ai sensi della legge 241/90, purché ricorrano, ovviamente, i presupposti ivi previsti.

Ebbene tali presupposti prevedono esplicitamente tre elementi di legittimità: la sussistenza di un preciso, attuale e concreto interesse pubblico (la cui valutazione è ampiamente discrezionale da parte dell’amministrazione pubblica) alla luce della comparazione di questo con le contrapposte posizioni consolidate del concessionario; l’obbligo di motivazione del provvedimento, in ragione del pubblico interesse e del buon andamento dell’azione amministrativa; il vincolo inderogabile di previa comunicazione alla parte interessata (concessionario) dell’avvio del relativo procedimento a’ sensi dell’art. 7 e ss. della medesima L. 241 del 1990.

Solo in queste circostanze, di fronte all’aggiudicazione definitiva di una concessione, si può affermare di essere in presenza di un’azione di autotutela esercitata attraverso un atto (revoca o annullamento) pienamente legittimo.

La giurisprudenza amministrativa è concorde anche sul fatto che l’obbligo generale di indennizzo dei pregiudizi arrecati dalla revoca di atti amministrativi, secondo quanto previsto dall’art.21 quinquies della L. 241/1990, sussiste esclusivamente in caso di revoca di provvedimenti definitivi (ad esempio di approvazione del progetto definitivo di un project financing o di approvazione dell’accordo tra stazione appaltante e concessionario). In tal caso, in presenza di un’azione di autotutela legittima da parte dell’amministrazione pubblica, l’indennizzo previsto deve essere limitato solo alle spese effettivamente sostenute e documentate dal concessionario in forza dell’opera sul provvedimento oggetto dell’azione di autotutela, con particolare riguardo alle spese per la redazione dei progetti, per la presentazione delle istanze, per le spese di istruttoria, di partecipazione al bando, nonché tutte le spese connesse alla realizzazione dell’opera e debitamente documentate.

Il cosiddetto danno da “lucro cessante” non può essere ricompreso nell’indennizzo da atto lecito.

In definitiva una determinata, concreta e legittima azione di autotutela da parte del Comune di Reggio Emilia non solo eviterebbe, in ragione di un reale e concreto iteresse pubblico a fronte di un affare privato che va a gravare sulla collettività, uno scempio e una devastazione annunciata in Piazza della Vittoria, ma limiterebbe l’indennizzo alle sole spese effettivamente sostenute dal concessionario. Indennizzo che parrebbe essere ben poca cosa di fronte al centinaio di box/posti auto che il Comune potrebbe acquistare, con fondi pubblici, al prezzo di 35.000 ciascuno.

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