Basta lagne sulla penale. Non siamo stupidi! Prima Parte

Allo zuccherino della Giunta e alle lagne della stessa sulle possibili penali da versare al concessionario dei lavori in caso di recesso rispondiamo con l’art.21 quinquies della legge 241/90 e s.m.i.

Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario, il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato da parte dell’organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. La revoca determina la inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti. Se la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati, l’amministrazione ha l’obbligo di provvedere al loro indennizzo“.

Quindi la legge 241 del 1990 sul procedimento amministrativo, come modificata più volte e anche di recente (2010), che porta “nuove norme sul procedimento amministrativo”, prevede la revoca del provvedimento amministrativo, non solo per sopravvenuti motivi di pubblico interesse o quando sia intervenuto un mutamento della situazione di fatto, ma anche “nel caso” di “nuova valutazione dell’interesse pubblico originario”. E questo ci pare appunto “il caso” di fronte al quale si trova la Giunta, che può tranquillamente riconoscere nel parcheggio interrato, a seguito dei tantissimi motivi raccolti da questo Comitato e della nuova variante al progetto, un’opera infrastrutturale non corrispondente ai bisogni della città, in contrasto con il proprio programma per la disciplina della mobilità urbana affine ai principi di buon amministrazione, partecipazione, trasparenza, efficienza e efficacia nel perseguire l’interesse pubblico.

Si tratta soltanto di ben motivare le ineccepibili ragioni della revoca e la determinazione al riguardo è del tutto legittima, anzi doverosa se, come ha affermato più volte il Comitato NO Parcheggio Piazza della Vittoria, l’opera è gravemente dannosa per gli effetti di attrazione di un traffico vizioso, altrimenti in linea generale voluto contrastare. E forse un simile danno è anche apprezzabile economicamente e si aggiunge a quello incommensurabile di lesione della integrità di un luogo sacro nella tradizione della città.

Quando poi il provvedimento legittimamente revocato incida, come nella specie, su rapporti negoziali il previsto indennizzo (non è una penale, perché non sanziona un comportamento illecito) “è parametrato al solo danno emergente e tiene conto [in funzione riduttiva, deve intendersi] dell’eventuale conoscenza o conoscibilità da parte dei contraenti della contrarietà dell’atto amministrativo oggetto di revoca all’interesse pubblico” (comma 1-ter dello stesso art. 21-quinquies).

Certo è, quindi, che non deve essere considerato il lucro cessante, del tutto estraneo alla previsione della spesa che il Comune dovrebbe sostenere, limitata invece al mero rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate. E non ci pare ragione valida che la tutela di un luogo (Piazza della Vittoria) di alto valore simbolico per la città non valga in assoluto una spesa (che, comunque, graverebbe solo contabilmente sull’esercizio corrente, ma sarebbe – è stato a ragione osservato – ammortizzata nei decenni e anzi secoli avvenire). Né ci appare credibile che non vi sia nessun modo con cui l’Amministrazione, in virtù della sua innegabile forza contrattuale, possa perseguire questa tutela, tanto più se l’Amministrazione valuterà e deciderà, invece, la “retromarcia” di progetti localizzati in altre sedi, come del resto già avvenuto.

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